La vedova allegra
Operetta in tre parti di Franz Lehár
Libretto di Victor Léon e Leo Stein
dalla commedia L’Attaché d’ambassade di Henri Meilhac
Nuovo Allestimento del Teatro Carlo Felice
Prima assoluta della nuova traduzione italiana e adattamento drammaturgico di Luca Micheletti
Collaborazione alla versione ritmica Elisa Balbo
Personaggi e interpreti
Hanna Glawari Elisa Balbo, Valentina Mastrangelo (1 gennaio)
Conte Danilo Danilowitsch Luca Micheletti/Michele Patti (1 gennaio)
Valencienne Francesca Benitez/Luisa Kurtz (1 gennaio)
Camille de Rossillon Pietro Adaíni/Emanuele D’Aguanno (1 gennaio)
Barone Mirko Zeta Filippo Morace
Njegus Ciro Masella
Visconte de Cascada Claudio Ottino
Raoul de St. Brioche Manuel Pierattelli
Kromow Giuseppe Palasciano
Olga Francesca Zaira Tripaldi
Bogdanowitsch Luigi Maria Barilone
Sylviane Kamelia Kader
Pritschitsch Alessandro Busi
Praskowia Letizia Bertoldi
Maître Chez Maxim Valter Schiavone
Zozo Federica Sardella
Maestro concertatore e Direttore, Asher Fisch
Regia, Luca Micheletti
Scene e Costumi, Leila Fteita
Coreografo, Fabrizio Angelini
Progetto Luci, Luciano Novelli
Assistente alla coreografia, Marta Melchiorre
Assistente alla regia, Francesco Martucci
Assistente alla regia, Luigi Maria Barilone
Assistente costumi e scene, Laura Galmarini
Orchestra, Coro e Tecnici del Teatro Carlo Felice
Maestro del Coro Francesco Aliberti
La vedova allegra – bozzetto della scenografia
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Il Teatro Carlo Felice celebra l’avvento del nuovo anno con un nuovo allestimento de La vedova allegra di Franz Lehár, la più celebre e amata delle operette, un titolo ormai divenuto sintesi di un’epoca e, al contempo, un termometro dei tempi a venire, per la regia di Luca Micheletti autore tra l’altro della nuova traduzione e, assieme a Elisa Balbo, della nuova versione ritmica del libretto.
Nelle sue note di regia, Luca Micheletti scrive: «Lo spettacolo si impernia su due assi portanti dalle molteplici declinazioni: da un lato, il tema del vorticoso girare su se stessi; dall’altro, quello del teatro come scintillante rifugio fuori dal mondo. Siamo in un universo in cui, innanzitutto, ogni cosa gira costantemente: una società-carillon che celebra se stessa nel rituale girotondo che Schnitzler elevò a simbolo dell’intero secolo dando alle stampe il suo Reigen proprio nel 1900.»