Il barbiere di Siviglia – dal 15 al 21 gennaio 2020

Gioachino Rossini

Direttore d’Orchestra,  Alvise Casellati
Regia, Filippo Crivelli
Scene,  Emanuele Luzzati
Costumi, Santuzza Calì
Luci, Luciano Novelli
Assistente alla regia, Marco Castagnoli
Assistente ai costumi, Paola Tosti

Allestimento Teatro San Carlo di Napoli

Coro e Orchestra del Teatro Carlo Felice
Maestro del Coro, Francesco Aliberti
Maestro ai recitativi, Sirio Restani

Foto Marcello Orselli – Edizione 2014 al Teatro Carlo Felice

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Personaggi e interpreti principali

Figaro, Alessandro Luongo /Daniele Terenzi (16-18-21)
Rosina, Annalisa Stroppa /Paola Gardina (16-18-21)
Il Conte di Almaviva,  René Barbera/Matteo Macchioni (19)/Francesco Marsiglia (16-17-18-21)
Don Bartolo, Paolo Bordogna / Misha Kiria (16-18-21)
Basilio,  Giorgio Giuseppini /Gabriele Sagona (16-18-21)
Berta, Simona Di Capua
Fiorello, Roberto Maietta

Durata dell’opera
-Prima parte 1 ora e 35 minuti
-Intervallo  25 minuti
-Seconda parte 50 minuti
Total due ore e 50.
I tempi sono indicativi

Il Comunicato stampa

Nel 1824 Hegel scriveva: “Ho sentito il Barbiere di Rossini per la seconda volta. Bisogna dire che il mio gusto deve essersi molto depravato, perché trovo questo Figaro molto più attraente di quello di Mozart.” È  la migliore testimonianza sulla capacità del capolavoro rossiniano di arrivare a tutti, anche a uno dei filosofi più seri di tutti i tempi. Il fatto è che il comico di Rossini è un comico del tutto nuovo per l’epoca. Si basa su intuizioni precedenti dell’opera buffa, ma portate così alle estreme conseguenze da suonare come inaudite e dirompenti. Il vecchio personaggio settecentesco del servo intrallazzone, Figaro, con Rossini diventa un uragano che travolge tutto ciò che c’è in scena. Nessuna aria non drammatica aveva mai raggiunto un’apoteosi drammatica (anche se per finta) come il “colpo di cannone” dell’aria della “Calunnia” di Don Basilio, lezione magistrale di “crescendo rossiniano”. E nessuno dei meravigliosi finali d’atto mozartiani si era spinto talmente oltre la ragionevolezza da arrivare alla vera e propria follia musicale e linguistica del “Mi par d’essere con la testa in un’orrida fucina” (Finale Atto I).

La regia della spettacolo è di Filippo Crivelli,  così definito nel Dizionario dello Spettacolo del ‘900, a cura di Felice Cappa e Piero Gelli – editore Baldini&Castoldi: Esperienza e creatività, tecnica e precisione formale, fanno di Crivelli una presenza importante del teatro in Italia.




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